Clémentine Autain: “Il nostro Paese assomiglia ogni giorno di più a una società pre-fascista"

 


La sinistra che difende una pacificazione laica viene incriminata, mentre il dibattito pubblico è dominato dalle idee dell'estrema destra, accusa il deputato de La France Insoumise


A meno di due anni dalle prossime elezioni presidenziali in Francia Emmanuel Macron potrebbe dormire sonni tranquilli: se la sinistra non troverà una candidatura forte da opporgli, la sfida sarò nuovamente fra lui e Marine Le Pen, con un risultato apparentemente scontato. In questi primi tre anni di presidenza però la popolarità sua e del suo governo si è molto ridotta e la gestione fallimentare dell’attuale emergenza sanitaria suona come un ulteriore campanello d’allarme. Per questo, da mesi, Macron e gli esponenti del suo governo stanno spostando il baricentro della politica di La République en marche ulteriormente a destra, verosimilmente con due obiettivi: da una parte stabilire un’alleanza solida con il partito Repubblicano e il suo elettorato; dall’altra evitare l’umiliazione di arrivare secondo al primo turno delle prossime elezioni, considerato che il Rassemblement National di Le Pen è già diventato il primo partito francese alle ultime consultazioni europee.

Per questo il presidente e il governo francese si sono impossessati di due degli argomenti principali dell’ideologia di destra: l’islamofobia e l’accusa alla sinistra di essere contraria ai valori nazionali.

Il primo banco di prova è stato proporre quest’estate una “legge contro il separatismo”, cioè contro ciò che viene chiamata la minaccia del “comunitarismo”. Con questo termine ci si riferisce a una forma di etnocentrismo o sociocentrismo che dia a una comunità – in questo caso evidentemente quella musulmana - un valore più importante dell'individuo, con una tendenza a ritirarsi in se stessi. Macron ha reso esplicito il collegamento della legge al mondo musulmano: la posta in gioco principale è la lotta contro “l'islamismo radicale”, che avrebbe espresso “una pretesa, esibita volontà, un'organizzazione metodica per contravvenire alle leggi della Repubblica e creare un ordine parallelo”. Il problema dell'islamismo radicale, per il presidente Macron “è che sostiene che le proprie leggi sono superiori a quelle della Repubblica”.

Per tutta l'estate il ministro dell'interno, Gerald Darmanin, ha preparato questa mobilitazione con un discorso allarmista. “Il Paese è stanco del suo comunitarismo e ora di un Islam politico che vuole rovesciare i valori della Repubblica”, ha detto, prima di presentare il futuro disegno di legge come un baluardo contro la “guerra civile”. Qualche giorno dopo, riferendosi a una sinistra troppo debole nel difendere i valori dell’identità francese, ha denunciato “l'offuscamento di una certa parte della società”.

La proposta è stata criticata a destra in quanto non individuava l’autentico pericolo. Secondo Marion Maréchal-Le Pen, nipote di Marine ed ex deputata del Rassemblement National, si parla di “separatismo” per evitare di ricordare che il termine “islamismo” deriva dalla parola Islam. La parola non è appropriata e rivela l'approssimazione dell'analisi: il separatismo si riferisce al meccanismo politico di un popolo che mira all'indipendenza. Gli islamisti non cercano l'indipendenza di una parte del territorio, ma vogliono sottoporre l'intera società francese alle regole della Sharia.

Il barbaro omicidio di Samuel Paty, il professore di storia ed educazione civica decapitato all’uscita di scuola a Conflans, tranquilla cittadina di villette poco lontano Parigi, ha impresso un’accelerazione a questa narrazione governativa.

Nei giorni immediatamente successivi, il ministro Darmanin si è detto “sconvolto di entrare in un ipermercato e vedere che c'è un reparto dedicato alla cucina halal e kosher, è così che inizia il comunitarismo" e ha aggiunto anche un riferimento al velo e all’abbigliamento islamico: "quando vendiamo abiti della comunità, forse abbiamo una piccola responsabilità nel comunitarismo".

Lo stesso ministro, rispondendo all’Assemblée nationale al deputato de La France Insoumise Alexis Corbière che lo accusava di “saturare l'opinione pubblica con la questione ossessiva delll'Islam”, ha accusato il partito guidato da Jean-Luc Mélenchon: “La situazione è estremamente grave e non mi spiego che un partito come il vostro, che per lungo tempo ha denunciato ‘l'oppio del popolo’, sia ora legato a un islamo-sinistrismo che sta distruggendo la Repubblica! Questa è la realtà.”

Più cauto il ministro della giustizia, Eric Dupond-Moretti, che nei giorni successivi all’omicidio di Paty ha condannato la mancanza di unità nazionale dopo l'attacco. “Non appena è stata resa pubblica la tragedia, i politici l'hanno già cinicamente usata a fini elettorali. Mi disgusta. È indecente”.

Principale bersaglio dell’islamofobia governativa è anche diventata la pretesa “islamizzazione” dell’istruzione pubblica, denunciata da tempo dalla destra. Jean-Michel Blanquer, ministro dell’istruzione, ne ha esplicitamente attribuito la responsabilità alla sinistra: "Quello che viene chiamato islamo-sinistrismo sta seminando il caos" - ha detto il ministro lo scorso 22 ottobre - "Sconvolge l'università, sconvolge quando l'UNEF [Unione Nazionale degli Studenti di Francia] si arrende a questo tipo di cose, sconvolge quando nelle file di La France Insoumise ci sono persone che appartengono a questa orrente e si mostrano come tali. Queste persone promuovono un'ideologia che poi, nel complesso, porta al peggio"

Gli ha fatto eco Manuel Valls, ex primo ministro e attuale capo del partito spagnolo Barcellona Pel Canvi–Ciutadans: “nelle nostre classi migliaia di ragazzi pensano che le leggi della Shari’a debbano prevalere su quelle della Repubblica” ed “È il momento di sradicare l’islamismo. Dobbiamo farlo, strada per strada. E associazione per associazione. Questa è una guerra. Tutte queste persone che predicano l’odio sui social media, tutte queste associazioni salafite, tutti questi personaggi che ormai conosciamo bene e che parlano molto… Contro di loro va condotta una guerra giuridica e politica senza precedenti, incomparabile con quello che è stato fatto finora”.

Ovviamente i politici e gli intellettuali dell’estrema destra che da anni diffondevano gli stessi concetti (una sinistra islamo-collaborazionista, il crescente pericolo islamista, la libertà d’insegnamento minacciatala stampa di sinistra filo-islamica), spesso dalle pagine della rivista di destra Valeurs Actuelles, non hanno perso tempo a rincarare la dose.

Marion Maréchal ha ricordato che “non sono i valori della Repubblica ad essere sotto attacco, ma i valori francesi". Il diritto e la laicità sono insufficienti per combattere l'islamismo radicale, perché c’è “un'opera di sovversione organizzata dall'interno e spesso alimentata dall'esterno. Questa influenza esterna è radicata nelle molteplici fedeltà degli individui; in questo caso, per una gran parte dei musulmani, nel loro attaccamento al paese d'origine, all'Ummah (l'assemblea dei credenti), al sunnismo…”

il filosofo Alain Finkielkraut da tempo denunciava l'esistenza di un'alleanza oggettiva tra islamismo e sinistra, definendola come “l'unione di persone di origine immigrata e di intellettuali progressisti, una sorta di arco di sinistra-islamico che mi preoccupa” e bollava come antifrancese indossare l'hijab: “La Francia è una memoria, una storia, una morale e dei principi; la non Francia può avere un posto in Francia. È normale dire che la nostra società, la Francia per ciò che rappresenta, sia ostile al velo e inviti i musulmani a mettere in discussione ciò che è l'Islam”.

Il saggista Pascal Bruckner ha recentemente accusato, durante un dibattito televisivo, l’attivista femminista Rokhaya Diallo di aver “armato il braccio degli assassini”.

La strumentalizzazione politica dell’omicidio di Samuel Paty è evidente e il fatto che il suo assassino fosse un rifugiato ceceno cui non era ancora stata concessa la cittadinanza francese ha consentito di non affrontare la vera questione del radicalismo islamico (che, ovviamente, riguarda un’esigua parte della comunità musulmana, oggi oggetto di un attacco indiscriminato e generalizzato): la maggior parte dei terroristi islamici sono stati giovani francesi delle seconda o terza generazione, che non aderito all’Islam radicale perché attratti dal fascino della Shari’a o della Jihad, ma per la loro discriminazione sociale ed economica che ogni giorno patiscono, per il degrado delle banlieue in cui sono nati e vissuti, per il futuro senza prospettive che si prospetta loro, al pari di tanti coetanei cristiani.

Aggiornamento

Questo post è stato scritto di getto il 29 ottobre scorso, lo stesso giorno in cui l’intervento di Clémentine Autain è stato pubblicato sul quotidiano Le Monde (avendone letto un’anticipazione il giorno prima). Non tiene conto perciò del bell’articolo di Barbara Spinelli, probabilmente ancora oggi poco visto perché pubblicato solo sul cartaceo e visibile online esclusivamente agli abbonati, uscito su il Fatto Quotidiano lo scorso 6 novembre.

Barbara Spinelli riprende molti degli esempi fatti da Clémentine Autain, aggiungendone altri, come la chiusura della moschea di Pantin presso Parigi da parte del ministro dell'interno Darmanin; l'accusa del ministro dell’Educazione Blanquer di complicità con il terrorismo per chiunque difenda nelle accademie l’“intersezionalità”, cioè quello che un tempo era un valore (l’inclusione, la composizione di diverse identità sociali o religiose); il sostegno promesso dal presidente Macron a Nizza ai cristiani martoriati, ma non ai musulmani che col terrorismo non hanno nulla a che fare…

Soprattutto fa risalire l’islamofobia all’arabofobia dei primi anni Ottanta del secolo scorso, quando in Francia si discuteva di vietare il velo, i media costruivano un Islam immaginario, minaccioso e pericoloso (fenomeno per cui successivamente il giornalista Thomas Deltombe coniò il termine “l’islamizzazione degli sguardi”) e i francesi chiamavano gli arabi con appellativi dispregiativi come bicot o bougnoule.

Tornando al presente, l'islamofobia viene giustificata in nome della laicità dello Stato, ma si tratta – per Spinelli – di una laicità che “viene sfigurata, trasformata in uno strumento di guerra anziché di convivenza con comunità gelose della loro autonomia, nel rispetto dell’ordine pubblico.” Cosicché oggi, “più ancora che in passato, gli argomenti islamofobi escono dai territori di estrema destra e diventano linguaggio non sempre esplicito, ma dominante” della società francese.

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La sinistra che difende una pacificazione laica viene incriminata,
mentre il dibattito pubblico è dominato dalle idee dell'estrema destra,
accusa il deputato de La France Insoumise

Tribune di Le Monde, 29 ottobre 2020, Idées, pagina 27


La Francia è stata ancora una volta toccata nel cuore. Di fronte all'orrore, all'abiezione dell'assassinio di un maestro, l'omaggio a Samuel Paty e la riaffermazione dei principi fondanti della nostra Repubblica devono unirci. Purtroppo, non rispettando nemmeno questo momento di lutto, alcuni - Manuel Valls in testa - hanno preferito anatemi e insulti alla dignità e alla solidarietà. Tuttavia, è con la ragione e la riflessione che dobbiamo condurre il dibattito sulla migliore strategia per combattere il terrorismo sedicente islamico e l'offensiva delle correnti oscurantiste.

La Repubblica non è un concetto o una realtà rigida e immutabile. È ancora incompiuta. In ogni periodo della storia, sono infuriati scontri tra i repubblicani prima che si raggiungesse un equilibrio, sempre provvisorio, che garantisse la pace civile e uno spazio di convivenza. Rifiutare questo dibattito legittimo, per disonestà, pigrizia intellettuale o manipolazione politica, significa voltare le spalle allo spirito dell'Illuminismo, che rivendichiamo forte e chiaro per combattere jihadisti e altri fondamentalisti. Dobbiamo affrontare, con onestà e serenità, le nostre analisi e le nostre proposte. Di fronte ai mostri, la nostra forza sta nella qualità e nella razionalità dei nostri scambi di opinione.

L'odio, la vendetta, l'accumularsi di leggi che distruggono
la libertà hanno avuto la precedenza su argomentazioni
ragionate e misure in grado di colpire il bersaglio

Vi avverto: la Francia sta per smarrire la propria identità. In nome della difesa della libertà e della democrazia, il nostro Paese sta avviandosi velocemente a calpestare libertà e democrazia. Il dibattito pubblico è diventato una sorta di concorso Lépine [1] per le idee dell'estrema destra.

Un processo pericoloso

Un giorno propongono di vietare il velo in tutti gli spazi pubblici, il giorno dopo di permettere di dare ai neonati solo i nomi dei santi del calendario, il giorno dopo ancora di eliminare gli scaffali halal o kosher dai supermercati. L'odio, la vendetta, l'accumularsi di leggi che distruggono la libertà hanno avuto la precedenza su argomentazioni ragionate e misure in grado di colpire il bersaglio. Un tale clima non ci farà uscire dall'immensa difficoltà in cui ci troviamo: può solo portare alla guerra civile.

Dagli editoriali alle rubriche umoristiche, dai discorsi all'Assemblea nazionale ai programmi televisivi, sento che noi dobbiamo rimettere ordine in casa nostra. Con “noi” intendo quella sinistra sociale, politica e intellettuale che pretende di “essere Charlie”, che difende un laicismo di pacificazione e non di esclusione, e che combatte contro il razzismo che oggi assume la forma del rifiuto dei musulmani. Com'è possibile che questa sinistra sia messa sul banco degli imputati, descritta da alcuni come estranea ai valori della Repubblica, mentre l'estrema destra e tutti i suoi portavoce diffondono senza infingimenti i loro messaggi autoritari e di odio? Peggio ancora, siamo noi che saremmo dei veri e propri “complici” o addirittura “responsabili” degli omicidi commessi in nome dell'Islam. Tocca a noi renderne conto, affrontare l’accusa, mentre Marine Le Pen beneficia di un tappeto rosso e coloro che governano o hanno governato non sono tenuti a dare nessuna spiegazione, nessuna giustificazione per i loro fallimenti e i loro errori, per quanto decisivi.

Chi ha smantellato i servizi segreti? Chi ha ridotto a 25 persone l’organico di Pharos [2] per combattere concretamente l'odio e il proselitismo jihadista sui social network, mentre noi non abbiamo mai smesso di opporci ai piani di austerità? Chi ha progressivamente lamentato l’eccessiva presenza e qualità dei servizi pubblici nelle periferie popolari, mentre noi urlavamo che questo ritiro dello Stato e delle associazioni di volontariato era tanto ingiusto quanto pericoloso? Chi ha chiuso un occhio sulle tangenti date da una società francese come Lafarge a Daesh [3], mentre noi davamo l'allarme senza che i media mainstream se ne interessassero? Chi ha permesso al Qatar di appropriarsi del Paris Saint Germain o di investire nei quartieri popolari, mentre noi ne facevamo denuncia? Quelli che si son fatti le foto insieme ai membri del collettivo Sheikh Yassin [4] non siamo noi, ma figure di estrema destra.

Fango ideologico

Coloro che non si fanno scrupolo di prendere il tè con alti dignitari sauditi o abbandonare il popolo curdo per non disturbare la Turchia di Erdogan non siamo noi, sono stati ministri sotto Sarkozy, Hollande o Macron. E, oggi, sono La France Insoumise o EELV, Mediapart o Regards [5], la Federazione dei Consigli dei Genitori (FCPE) o il sindacato degli studenti UNEF, Benoît Hamon o Nicolas Cadène [6], che vengono additati, calunniati, esclusi dal coro degli omaggi a Samuel Paty? Questo giudizio è assolutamente scandaloso e terribilmente pericoloso. È un insulto all'intelligenza e all'onestà. Ed è un allineamento all'agenda dell'estrema destra.

Il nostro paese sta diventando sempre più simile a una società prefascista. Il mostro sta crescendo senza che alcuna resistenza collettiva riesca, al momento, a frenarne l’ascesa. Il tono del dibattito politico è tanto elettrico quanto delirante in un momento che dovrebbe richiedere unità e intelligenza collettiva.

“Priva di significato e strumento di diversione, l'espressione
“islamo-gauchistes” ricorda la caccia alle streghe
che prese di mira i “giudeo-bolscevichi” o i “nazi-trotskisti”

La violenza si scatena in modo esponenziale sui social network. La tolleranza verso affermazioni e tesi razziste ha superato limiti inauditi. Priva di significato e strumento di diversione, l'espressione “islamo-gauchistes”, divenuta abituale anche sulle labbra di un ministro dell'istruzione, ricorda la caccia alle streghe che prese di mira i “giudeo-bolscevichi” o i “nazi-trotskisti”. È una catastrofe.

Ciascuno di noi è consapevole di ciò che sta accadendo e della propria responsabilità in questo cupo teatro della vita pubblica che ci risucchia in una spirale di violenze, di caos e di iniquità, in questa melma ideologica che ci sta portando dritti verso il nulla? Penso alle grandi voci che affermano di essere di sinistra ma tacciono, oppure fomentano confusione e scomuniche. Penso ai giornalisti che non smettono mai di riproporre le questioni poste dall’estrema destra, che non trovano nulla da dire o ribattere quando Jean-Luc Mélenchon viene definito “collaborazionista” nell'emiciclo dell'Assemblea nazionale – insulto che poi ritroviamo graffito presso la sede del Partito Comunista – o quando il saggista Pascal Bruckner accusa Rokhaya Diallo [7] di aver “spinto ad armare” gli islamisti.

Il dibattito si riduce ora solo a Eric Zemmour e Michel Onfray [8], che il canale CNews propone come duello, mentre non è altro che un duetto? Ricordare la storia del XX secolo dovrebbe spingerci a uscire dallo stupore e dall’acquiescenza o il nostro Paese ricadrà nelle tragiche condizioni del passato.

Non è il momento di sedersi e aspettare che passi la tempesta. C'è una possibilità di riscatto e dobbiamo portarla avanti con orgoglio e convinzione. Con Jaurès [9], sappiamo che la logica della guerra non porta alla pace. La fermezza non è prepotenza. Nell'ideale della nostra Repubblica, laica e sociale, c'è un filo conduttore contro l'oscurantismo e il fascismo. Sta a noi tenerlo in vita.

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Clémentine Autain è deputata de La France insoumise (LFI) per la circoscrizione di Seine-Saint-Denis.

Nell’immagine di apertura al centro Clémentine Autain; sullo sfondo a sinistra, l’omaggio a Samuel Paty sulla facciata dell’Opéra Comédie di Montpellier; a destra il ministro dell’interno Gerard Darmanin, il primo ministro Jean Castex e il ministro della giustizia Eric Dupond-Moretti



[1] il concorso Lépine è un premio per invenzioni utili nella vita quotidiana istituito in Francia all’inizio del secolo scorso. Diverse famose invenzioni da allora sono state premiate, come il tritaverdure manuale che ha reso famosa la Moulinex, la penna a sfera, il motore a due tempi, il ferro da stiro a vapore e le lenti a contatto.

[2] Pharos è una piattaforma della polizia francese, lanciata nel 2009 contro i crimini informatici, che permette a qualsiasi utente di Internet di  segnalare messaggi criminali pubblicati sui social network.

[3] l'organizzazione dello Stato islamico, più nota in Italia con il nome di Isis.

[4] il 21 ottobre scorso il Consiglio dei ministri francese ha deciso di sciogliere il collettivo filopalestinese Sheikh Yassin, che Emmanuel Macron ha ritenuto “direttamente coinvolto” nell'assassinio dell'insegnante di Conflans-Sainte-Honorine e il cui leader è stato posto sotto custodia dalla polizia.

[5] Mediapart è un quotidiano online e Regards un mensile, entrambi considerati media della sinistra radicale.

[6] Benoît Hamon è stato candidato alle ultime elezioni presidenziali francesi per il Partito Socialista, partito che ha abbandonato per fondare un proprio movimento, Génération.s, mentre Nicolas Cadène è un giurista, attivista francese nonché relatore generale dell'Osservatorio del laicismo istituito dal governo francese nel 2013.

[7] Attivista antirazzista e femminista molto nota in Francia.

[8] Eric Zemmour è un giornalista conservatore conduttore di un programma sul canale televisivo CNews, mentre Michel Onfray è un filosofo e saggista, aderente al partito di estrema destra Rassemblement National guidato da Marine Le Pen

[9] Jean Juarès è stato tra i fondatori del Partito Socialista francese all’inizio del XX secolo; pacifista convinto, cercò di evitare la guerra fra Francia e Germania e per questo fu assassinato da un nazionalista francese il giorno prima dello scoppio della Prima guerra mondiale.

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