Il capitale di Brian


Come siamo finiti ad essere divisi in questo modo?


È necessario partire dalle cause primordiali e, per ricercarle, bisogna prima di tutto ammettere che il paziente non è malato e non può essere guarito con la giusta cura, ma piuttosto che il paziente è morto. Perdonerete l’uso di metafore cliniche, ma, visti i tempi che stiamo vivendo, questo linguaggio rende il quadro più chiaro. Proseguendo sulla stessa linea è essenziale avviare una seria analisi delle patologie della sinistra che in questi anni sono state la causa della sua scomparsa.

Ascoltare il corpo della sinistra e le tante voci che lo compongono è sicuramente un passo importante ma, anche se sempre ripetuta, questa fase di ascolto non è mai realmente partita. Si è creato uno scostamento tra classe dirigente dei partiti di sinistra e la propria base, perché invece di contribuire alla costruzione delle politiche e di poter accedere agli organi decisionali, la base è stata allontanata venendo vista come il beneficiario finale dei programmi politici. Una volta nei circoli, nel contatto collettivo c'era la collaborazione tra chi creava modelli politici e coloro che, conoscendo e vivendo la vita reale e le problematiche reali, potevano dire se quelle politiche erano fattibili oppure no, si creava la credibilità di un programma con politiche sentite.

A questo bisogna aggiungere che le masse dei partiti del secolo scorso si sono spostate sia fisicamente che ideologicamente. Rispetto alla società pensata da Marx, un individualismo profuso ha preso il posto della collettività di persone che non si percepiscono più rappresentate in classi sociali. Le radici della sinistra in Europa erano saldamente attaccate alla classe dei lavoratori, ma il neoliberismo è riuscito a rendere quei lavoratori liquidi, frammentati e disorientati. In questi anni non solo si è spezzato questo legame, spesso tradendolo, ma non si è fatto nulla per costruirne uno nuovo. Il “Paese nel Paese” come lo definiva Pasolini è scomparso e al suo posto sono rimaste anime senza luogo e senza ascolto.

La sinistra si è illusa di vincere negli anni novanta, quando ha ceduto il socialismo al liberismo, e da allora ha continuato a proporsi come meno peggio, come unica alternativa alla deriva delle destre. Eppure negli ultimi anni la vittoria è veloce e rumorosa (vedi Renzi), ma fragile e di breve vita perché le profonde spaccature che questa cessione comporta prima o poi fanno pagare il loro alto prezzo. A ogni passaggio, a ogni elezione si perdono pezzi di elettorato che corrispondono a pezzi di Paese che resta sempre più indietro o, peggio, resta lontano dove è stato lasciato.

Eppure nelle città o anche nei piccoli centri esistono centinaia di realtà diverse che esprimono ogni giorno il bisogno di una nuova sinistra, si incontrano, discutono, promuovono azioni locali e si interrogano, ma non riescono a uscire dalla loro bolla. Così dieci, cento, mille bolle chiuse in sé stesse viaggiano l’una separata dall’altra coltivando al proprio interno un frammento di verità che però non riesce ad ascoltare o trovare un’altra bolla disponibile a fare altrettanto. I fronti del popolo della sinistra, dove piccoli e politicamente insignificanti gruppi di persone, alcune in buona fede altre meno, si guardano con sospetto e spesso anche con atavico disprezzo, impediscono il cambiamento, bloccano la RIVOLUZIONE.

Assemblee cittadine organizzate nelle circoscrizioni, nelle proloco, nei teatri locali si propongono quasi quotidianamente (specie in prossimità delle elezioni) di dialogare sui programmi senza perdersi, anzi allargando la capacità di attrarre altri. Si afferma la volontà di discutere tutti assieme e di sommare le differenze, ma non ne è venuto nulla di duraturo perché trovare la mediazione fra fazioni non è fondersi in un unica realtà organizzativa.

Il problema infatti ha una soluzione semplice: bisogna abolire queste fazioni, queste bolle. Costruire la sinistra non ha nulla a che vedere con il ricostruirsi, abbiamo visto che le sinistre (tutte) non ne sono capaci. Bisogna svuotarle e fare in modo che le persone che ne fanno parte inizino a uscirne per allargarsi verso altri individui e altri valori. Bisogna smettere di scegliere se seguire i segni del sandalo o della zucca.

Per questo serve tempo per allargare quei valori basati su una società più equa che accomunano anche a chi non fa parte di alcuna bolla, quelle certezze che hanno lasciato il posto allo scetticismo, quell'etica che ci rende comunità, bisogna uscire fuori dagli schemi e dalla nomenclatura tradizionale: bisogna uccidere la sinistra per ricostruirne il popolo.

Tempo però che non abbiamo, tempo e spazio ogni giorno vengono fagocitati e ristretti dalle destre. Queste, con semplici slogan e banali soluzioni impercorribili, intercettano l’abbandono e la solitudine degli individui e riescono a recuperare anche chi da sempre si è detto di sinistra - così accade che regioni come le Marche oggi sono guidate da FdI. Sottostimare le destre, ridurle e semplificarle come analfabetismo funzionale o ridicolizzare i loro leader è stupido e inutile, lo hanno dimostrato questi ultimi quattro anni con Trump in America, Bolsonaro in Brasile, Orban in Ungheria, Salvini e Meloni in Italia. Sono riusciti a definire le grandi questioni politiche nei loro termini e a etichettare i loro avversari, a partire dal loro linguaggio e dai loro valori. Provare a imitare l'approccio che le destre hanno per intercettare l'interesse di coloro che si dicono di sinistra, è una strategia che non porta a nulla se non si crea uno spazio di accoglienza e di crescita dei valori, perché. se l'elettorato di destra può essere rassicurato da un leader forte da supportare, quello di sinistra ha bisogno di uno spazio di cui sentirsi parte.

Per questo non serve cercare costantemente una figura aggregante o quella che ci dice di avere il segreto della vita eterna. A rischio di sembrare autocontraddittori, bisogna allargare i tempi, ma senza perdere tempo. Non distrarci rincorrendo le singole battaglie (elettorali), ma elaborare la costruzione della collettività che si è persa e di un senso civico che allargando i valori riduca il baratro che si è creato tra persone e politica. Solo così potremo elaborare il lutto del paziente morto.

Nello stesso tempo è necessario sviluppare una nuova visione dell’economia e della società con una prospettiva che riporti al centro l'avere cura della persona e dell'ambiente, come in fondo nella sua drammaticità il Covid-19 ci ha insegnato in questi mesi. Un percorso chiaro per uscire dalla paura e dall'incertezza di questi tempi, fornendo un ripensamento sul sistema produttivo, un'equa ripartizione degli oneri e dell'approvvigionamento necessario alla sussistenza di tutti. Anche qui bisogna essere rivoluzionari ed uscire dagli schemi di una internazionale progressista - di cui si parla da tempo in occidente - dove declinare una nuova "pratica" economico-sociale diventa un esercizio sterile senza la capacità di relazionarsi con i "beneficiari esterni" di questo progetto, senza lasciar loro valutare se gli scenari e le soluzioni offerti siano almeno fattibili, perché la disgregazione in cui si trova la sinistra nel mondo non viene certo dalla mancanza di proposte, ma dalla condivisione di queste. Dove condivisione non è una aspettativa realizzata da altri.

 

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