Si vis pacem, para pacem

 


Riceviamo da Peggy Sun e volentieri pubblichiamo

Oggi dico direttamente la mia. Il casus belli di questa narrazione periferica di maccartismo all'italiana è Orsini, ma i veri protagonisti sono i valori che diciamo di voler difendere a tutti i costi, anche con la vita, ma che resti quella degli Ucraini però.

Siamo noi, l'Occidente, oggi a usare i corpi del popolo ucraino come scudo umano, li armiamo ancora, come già ampiamente fatto negli ultimi 8 anni, perché possano difendersi dall'aggressore, ma in realtà gli stiamo implicitamente chiedendo di vincere questa bestiale Guerra anche per noi, soprattutto per noi.

Assistiamo a telefonate tra Macron e Putin dove l’uno chiede di trattare il cessate il fuoco e l’altro gli domanda per conto di chi stia parlando e se è in grado di prendere decisioni... Chiaramente la risposta è NO, e Putin ovviamente la chiude lì.

Si costruisce uno scenario belligerante, una massiccia e ben organizzata propaganda di matrice liberale e anche di sinistra (ma non solo), che nei fatti, destina migliaia di persone (ucraini e russi) alla morte o alla fuga (oltre 4 milioni a oggi) e tutta Europa al serio e credibile rischio della I Guerra Nucleare.

Si nobilita il tutto definendo questa una Guerra per la democrazia. Si semplifica schiacciandoci in una narrazione evocativa sfruttando il sempre verde archetipo: bene contro male e il diritto di autodeterminazione e la lotta delle democrazie contro la dittatura di Putin, salvo poi osservare che sono proprio i nazionalismi e i nazionalisti più spregiudicati oggi quelli che si stanno rafforzando, dalla Polonia alla Turchia al Regno Unito.

Vediamo vecchi nemici giudicati indegni come ritrovati amici stile Maduro, e inviati dei Ministeri degli Esteri viaggiare in lungo e in largo per il pianeta alla ricerca del petrolio perduto; poco importa con chi questi accordi si dovranno fare, a dimostrazione del fatto che il principio viene sempre dopo l'interessa nazionale.

Poi ci sono gli spazi bui, i luoghi fuori dal cono di luce che svaniscono, che improvvisamente non esistono più.

I rifugiati di ieri sono dimenticati, l'emergenza umanitaria, da noi spesso generata e che fino a poche settimane fa ci colmava di orrore e senso di colpa, viene silenziata e già si levano le richieste di aiuto delle Ong che vedono svanire i finanziamenti per progetti in Italia come in Africa, Asia, Medio Oriente e Sud America, perché oggi siamo tutti con l'Ucraina.

Non ultimo, la crisi climatica è trapassata definitivamente di moda e si pensa, in una sola frase, al carbone e al nucleare senza batter ciglio.

L'ammirazione e l'accoglienza raccolte da Zelensky in tutti i consessi importanti sono quasi unanimi: Nato, ONU, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Israele, Italia, Francia... e sullo sfondo le immagini montate, ben elaborate da professionisti della comunicazione, ci dovrebbero ricordare che non si smette di uccidere, di armare e di morire. In realtà quelle immagini non riescono fino in fondo a raggiungerci perché la manipolazione, quella sofisticata azione di registi e autori, le rendono lontane, finte, troppo simili ad un trailer cinematografico e così, quasi senza accorgercene ci stiamo già assuefacendo all'orrore reso meno orribile dalla manipolazione umana che cerca di drammatizzare ciò che da solo è sufficientemente drammatico.

Le vittime sono EROI della RESISTENZA privati della loro identità; sono tutti, civili e militari, corpi sacrificati sull'altare della vittoria per la difesa della libertà e della democrazia in questa danza macabra di valori assoluti che stiamo ballando sulle loro bare.

Una sola frase, come ritornello si ripete sperando forse diventi vera anche solo per averla ripetuta all’infinito.

SIAMO CON IL POPOLO UCRAINO CHE SI DIFENDE! salvo dimenticare che prima del 24 febbraio forse non era esattamente così.

Le parole diplomazia, cessate il fuoco, fine delle ostilità, ma soprattutto PACE si sono scolorite, hanno perso dignità nel discorso pubblico ma anche in quello privato. Sono quasi sussurrate o peggio evitate per timore che pronunciarle venga percepito come vigliaccheria, come indifferenza alla sofferenza dell'Ucraina e del suo popolo coraggioso, o peggio, come una dichiarazione di putinismo sotto mentite spoglie.

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