Davvero Prefigurano un Complotto Mascher(in)ato?
I DPCM sono uno strumento per imporre una dittatura sanitaria?
Le sue prescrizioni sono illegittime e incostituzionali?
Servono a scatenare il panico tra la popolazione per favorire i profitti delle imprese farmaceutiche?
Contengono misure restrittive dei diritti fondamentali
degli uomini che minacciano la loro stessa esistenza?
In questi giorni in molte città italiane la gente è scesa in strada per protestare contro le misure restrittive contenute nell’ultimo decreto del Presidente del Consiglio; a parte gli immancabili teppisti e mestatori, ci sono addetti alla ristorazione, commercianti, partite IVA, lavoratori precari che non solo vedono minacciato lo svolgimento della loro attività, ma compromesso – forse irreparabilmente – il loro reddito, da cui dipende il sostentamento di tante famiglie.
Pur notando che le legittime proteste di categorie particolarmente colpite dai provvedimenti esprimono non solo una comprensibile rabbia popolare, ma anche talvolta una sorta di guerra fra poveri (“perché a noi sì e a loro no?”), non vi è alcun dubbio che il governo debba dare – nei fatti e in tempi rapidi – una risposta esauriente a queste proteste.
I DPCM sono però attaccati da un altro fronte, di solito non colpito dalla crisi economica generata dall’emergenza sanitaria e dalle conseguenti restrizioni, composto di persone che vedono minacciata non la sfera economica, ma quella dei loro diritti fondamentali come cittadini.
Si tratta di una compagnia ben assortita: filosofi seguaci dello “stato d’eccezione” di Giorgio Agamben trasformato in “forma di governo” per tenere sotto controllo il popolo dei sottomessi, come Diego Fusaro; avvocati che, improvvisandosi anche medici, dichiarano l'inesistenza della pandemia e si dicono convinti che i provvedimenti presi per fingere di contrastarla sono “il più grande crimine contro l’umanità”, come il tedesco Reiner Fuellmich; giuristi che intendono ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per le violazioni della libertà imposte con il lockdown, come Ugo Mattei; attivisti no-vax e no-mask che denunciano come “il vero obiettivo di tutto questo è il controllo totale, il dominio assoluto sugli esseri umani ridotti a cavie e schiavi, violandone sovranità e libero arbitrio”, come Sara Cunial; scrittori che, non si sa bene a che titolo, parlano di “Nuovo Ordine Mondiale”, una operazione di ingegneria sociale che enfatizza i problemi sanitari per distrarre la gente dai fallimenti di quelli politici, come Aldo Nove; scrittori di un collettivo noto per le sue documentate inchieste che scrivono di un “Assurdistan, un paese dove da febbraio comanda un sultano; un paese in cui l’unico bilanciamento del potere centrale è quello di venti piccoli satrapi regionali che trattano separatamente con il sultano”, come Federico Guglielmi (Wu Ming 4). Questi intellettuali da salotto (o da schermo televisivo) si trovano così a dar man forte ai negazionisti e ai QAnonisti de noantri che mettono anche Conte (il cui bell’aspetto è senz’altro dovuto all’uso dell’adrenocromo, ricavato dal sangue dei bambini prigionieri sottoterra) nel Deep State con Soros e Gates e che aggrediscono nella loro manifestazione il giornalista di Fanpage Saverio Tommasi…
Il filosofo statunitense Nelson Goodman usa l’espressione militare del “trinceramento”, a sottolineare la netta chiusura della propria interpretazione della realtà a ogni confronto con altre, ed è ciò che sta capitando in questo periodo. Come evidenziato in un altro post dedicato al negazionismo, confutare queste teorie è esercizio quasi inutile e improduttivo. Gli storici sanno bene che raramente si riesce a essere neutrali o imparziali, normalmente si parte da un’ipotesi e si cercano dati che possano avvalorarla, solo che – seppure inconsapevolmente – si tende a cercare o a valorizzare maggiormente quei dati, quelle informazioni che confermano la propria teoria e, se si trovano dati di esperienza diretta, si tenderà a considerarli prevalenti su qualsiasi altro e non si accetterà di metterla in discussione..
Nel caso dei DPCM si può pensare che siano misure volte a salvaguardare la nostra salute oppure che la pandemia sia un pretesto per introdurre misure destinate a ridurci in schiavitù. Paradossalmente, verificare queste due ipotesi opposte analizzando i provvedimenti governativi può portare a risultati entrambi dotati di senso. Sarà sufficiente introdurre come criterio interpretativo il convincimento che si tratti di misure temporanee oppure tendenzialmente permanenti. La proroga dello stato di emergenza richiesto dal governo all’inizio dell’autunno avrà corroborato il pre-giudizio di chi ipotizza l’avvento di una dittatura sanitaria, perché sarà stata confrontata con le affermazioni di un’emergenza ormai finita, visto che “il virus dal punto di vista clinico non esiste più”.
Sarebbe quindi inutile difendere le finalità sanitarie (o la maggiore o minore efficacia) dei provvedimenti governativi a chi evoca una dittatura sanitaria, ma anche sminuirne la valenza politica: inutile ricordare che i DPCM sono diretta emanazione di uno “stato di emergenza” espressamente previsto dalla normativa vigente (legge del 1992 istitutiva del Servizio nazionale della Protezione civile); che la dichiarazione dello stato di emergenza è competenza governativa, ma che questo deve essere riconosciuto e approvato dalle Camere, cosa che è avvenuta nel maggio scorso (il Parlamento a ottobre ne ha approvato la proroga fino al prossimo gennaio); che da anni, per non dire da sempre, di fronte a catastrofi naturali si è risposto con provvedimenti emergenziali (essendo ogni governo di questi ultimi decenni poco incline, se non refrattario, a politiche di prevenzione e programmazione) senza che questo abbia portato a una limitazione permanente dei diritti dei cittadini; infine che il parziale svuotamento del Parlamento della propria funzione legislativa, dovuta al ricorso troppo frequente alla decretazione d’urgenza, è in atto da anni senza che il peso politico del governo ne sia stato rafforzato.
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Tre post su Facebook riguardanti la dittatura sanitaria |
I sostenitori della minaccia governativa ai diritti fondamentali dei cittadini hanno un alleato potente nei social network, dove anonimi complottisti gettano quotidianamente benzina sul fuoco delle polemiche: a titolo di esempio, si ricorda come sia recentemente molto diffusa la versione per cui il cosiddetto “coprifuoco”, previsto da uno degli ultimi provvedimenti governativi, sia in realtà un espediente per consentire l’installazione nottetempo – all’insaputa dei cittadini – delle mini antenne necessarie per la diffusione del segnale 5G.
Dunque non si può fare nulla per smentire le accuse di instaurazione di una dittatura sanitaria? In realtà una cosa si può e si dovrebbe fare: arginarne la diffusione presso quei cittadini che, ricordati all’inizio di questo post, sono direttamente colpiti dai provvedimenti governativi e che possono essere maggiormente sensibili a queste argomentazioni. Un segnale di allarme in questo senso viene, per esempio, dalla manifestazione di protesta di imprenditori e commercianti, tenutasi a Taranto lo scorso 29 ottobre: al comizio era stato improvvidamente invitato per “fornire indicazioni mediche e scientifiche” sulla pandemia un medico negazionista, Pasquale Mario Bacco (che di professione si occupa di consulenze sulla sicurezza sul luogo di lavoro, non propriamente un esperto di virologia), il quale ha invitato tutti i presenti a togliersi le mascherine "perché non è il virus che ci uccide, sono loro che ci stanno uccidendo”, messaggio che è stato salutato dal caloroso applauso di molti degli astanti.
Per questo è importante avere provvedimenti di sostegno economico contestualmente ai provvedimenti restrittivi. Con i decreti Rilancio, Ristori e Ristori bis il governo ha impegnato oltre 12 miliardi di euro, cifra ingente, ma ancora insufficiente. Nel complesso si tratta di provvedimenti equilibrati – come l’aver legato la concessione del contributo a fondo perduto ai ricavi dell’anno precedente, per escludere (o, almeno, ridurre) i beneficiari che abbiano fatto ricorso all’elusione o all’evasione fiscale – ma certamente migliorabili. Andrebbe, per esempio, resa più snella la procedura di concessione del contributo – concentrando ex post i controlli sulle dichiarazioni mendaci – e, soprattutto, più rapidi i tempi di erogazione: se coloro che già avevano usufruito del sostegno previsto dal decreto Rilancio hanno avuto il contributo dopo due settimane, per coloro che ne hanno acquisito il diritto solo con il decreto Ristori l’erogazione avverrà dopo quarantacinque giorni.
Il sostegno al reddito non si esaurisce qui: c’è il reddito d’emergenza per le famiglie disagiate e il contributo “onnicomprensivo” di mille euro per i lavoratori stagionali o “intermittenti”. Nonostante tutto ciò, rimane una parte cospicua di lavoratori esclusa da ogni forma di sostegno al reddito: i lavoratori con contratto a termine in scadenza, la gran parte dei lavoratori autonomi e il popolo del sommerso, concentrato soprattutto nell'agricoltura, nell'edilizia, nei servizi domestici e alla persona. L’allargamento della platea dei beneficiari previsto da un prossimo decreto Ristori ter non potrà che essere un pannicello caldo su un problema assai esteso.
La soluzione sarebbe – ma qui entriamo nell’Iperuranio o, come direbbe una nostra amica, nel mondo degli “unicorni zuccherati” – unificare tutte queste forme di sostegno in un reddito universale d’emergenza, un contributo fisso erogato, in misura uguale, a tutti gli abitanti (quindi non solo ai cittadini) a sostegno del reddito. Forse, ma è una flebile speranza, rivestire questa misura del carattere di emergenza potrebbe limitare le critiche mosse al reddito di cittadinanza, espresse sia da partiti della maggioranza che dell’opposizione. Purtroppo nessun soggetto politico rappresentato in Parlamento ne ha mai adombrato l’adozione e, d’altra parte, la bozza di manovra finanziaria per il 2021 prevede impegni insufficienti per estendere ulteriormente il sostegno al reddito: si prevede che venga istituito un Fondo anti-Covid di quattro miliardi di euro e aumentato da uno a poco più di quattro miliardi il già previsto stanziamento per il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia (che di universale ha solo l’attributo nel titolo). Come si vede, si tratta di cifre inferiori a quelle stanziate quest’anno, forse nell’ottimistica aspettativa che la pandemia non ci riservi ulteriori ondate.
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Il professor Alberto Zangrillo - Il falso album Panini con le figurine dei virologi - il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana |
Nel mondo degli unicorni zuccherati, potremmo sognare un'informazione sui quotidiani e sulle testate giornalistiche televisive più sobria e più dettagliata sui DPCM e sui decreti che li accompagnano, senza anticipazioni più o meno inventate e richieste di commenti ai soliti bastian contrari o a quei presidenti di regione che un giorno rivendicano la propria competenza, il giorno dopo chiedono al governo di prendere le decisioni più impopolari, salvo criticarle il giorno dopo ancora, che abbandoni i toni sensazionalistici e la babele di voci dei cento esperti che si contraddicono fra loro e, a volte, contraddicono sé stessi, così forse farebbero meno presa nell’opinione pubblica le bufale e le teorie complottiste diffuse sui social network.
I media mainstream invece continuano a inseguire spettatori e lettori enfatizzando ogni notizia che possa allarmare o tranquillizzare l’opinione pubblica. Così il comunicato stampa della multinazionale farmaceutica Pfizer sulla prossima commercializzazione di un vaccino anti-Covid, rilasciato principalmente per ottenere ulteriori ordinativi e – volendo essere maliziosi – per consentire una speculazione sul rialzo del titolo in Borsa, è diventato la sperata soluzione della pandemia. Pressoché nessun quotidiano o notiziario televisivo ha riportato che i dati diffusi sui risultati dei test non sono completi; che quindi la pretesa efficacia del vaccino nel 90% dei casi è una stima ottimistica dell’azienda; che la particolarità della sua composizione richiede il mantenimento di una catena del freddo nel trasporto e distribuzione delle fiale per cui mancano ancora le attrezzature e sufficienti quantitativi di ghiaccio secco; che la conservazione del vaccino a così basse temperature renderà probabile la loro somministrazione solo nelle principali città dell’Occidente, dotate di strutture ospedaliere adeguate, ma già sovraccariche.
Nel mondo degli unicorni zuccherati, infine, usciremmo dalla logica della risposta all’emergenza ed entreremmo in quella della prevenzione e della programmazione. Dopo l’epidemia del 2003 dovuta al coronavirus SARS-CoV, cugino dell’attuale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva raccomandato a tutti i Paesi di prepararsi a una nuova pandemia e l’Italia aveva risposto nel 2006 con l’adozione di un Piano pandemico nazionale, coniugato successivamente in tutte le regioni, ma mai messo in pratica.
Ancora più sorprendente è lo studio affidato dalla Fondazione Rockefeller alla Global Business Network nel 2010, all’indomani della pandemia influenzale H1N1 (più nota come influenza suina) dove si prefiguravano le misure da prendersi per affrontare un'epidemia devastante, ipotizzata nel 2012 (anno in cui, in effetti, ci fu una nuova epidemia da coronavirus, la MERS, per fortuna circoscritta al Medio Oriente); a rileggere quelle pagine di dieci anni fa sembra di scorrere una cronaca dei giorni nostri, tanto simile era lo scenario e le misure di contenimento che era previsto fossero intraprese dai vari Paesi. L'unica differenza era che lo studio, al posto del termine lockdown, utilizzava un altro vocabolo, sempre preso dall’ambito carcerario: il lockstep.
La logica della programmazione e la politica della prevenzione sono assenti dalla prassi politica da decenni: si è sempre preferito rispondere in emergenza a catastrofi naturali come terremoti, alluvioni o pandemie, piuttosto che prevenirle con piani di riqualificazione antisismica delle abitazioni, di manutenzione idrogeologica o di formazione del personale sanitario e di predisposizione di adeguate scorte di farmaci e attrezzature. Rimane la magra consolazione che nel caso della pandemia attuale la risposta emergenziale è stata decisamente più adeguata, almeno nella prima fase, del passato.
Perché i tanti, forse troppi, DPCM contenevano e contengono alcuni errori, alcune misure di difficile comprensione, alcune forse inutili o inutilmente punitive e diverse mancanze, ma – nel complesso – hanno contribuito a contrastare con una certa efficacia la diffusione del virus. Se gli ultimi DPCM sono stati forse poco tempestivi, ciò è dovuto principalmente al tentativo di coinvolgere nella decisione – e questo dovrebbe far riflettere i sostenitori del Conte autoritario – i presidenti delle regioni e i rappresentanti delle categorie economiche interessate.
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Videoconferenza con le Regioni © Lapresse |
Quanto alle prevedibili ricadute economiche sul bilancio delle famiglie, oggetto delle proteste di questi giorni da parte di esercenti e lavoratori, i provvedimenti di sostegno al reddito, seppure insufficienti, hanno contribuito ad “ammortizzare” la crisi economica: le famiglie italiane – secondo un recente rapporto dell’OCSE – hanno sì subito una riduzione del 7,2% del loro reddito, ma minore di quello registrato nell’economia in generale che ha invece superato il 12,8% nel calo del PIL. L’impegno governativo a sostegno del reddito ha funzionato discretamente e, verosimilmente, senza favorire un prossimo scenario che comprenda una dittatura sanitaria o una sollevazione del popolo oppresso.
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