La libertà in una società complessa: pandemia, collasso climatico e individualismo dispotico
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Renè Magritte, Golconde, 1953, Menil Collection, Houston (particolare) |
Noi siamo davanti a problemi nuovi. La cultura che ci ha permeato, volenti o nolenti, non ci ha abituati a pensare che scelte individuali possano essere immediatamente collettive, come non siamo abituati a pensare che alcune di queste scelte possano essere irreversibili.
Ci siamo abituati a pensare di avere sempre diverse opzioni, ugualmente
legittime per l’individuo. Anche quando alcune scelte siano disapprovate dalla
società, il prezzo eventualmente da pagare è, nella sostanza, dell'individuo
stesso e generalmente riparabile.
Ecco un piccolo esempio pratico per chiarire meglio:
qualcuno può essere un fumatore o un alcolista e altri no. In effetti, prese un
minimo di precauzioni, possiamo legittimamente scegliere.
Io posso fumare e rischiare il cancro e morire e una società sufficientemente
ricca può accettarne facilmente di pagarne i costi in termini di assistenza
sanitaria; lo stesso discorso può valere per il consumo eccessivo di alcol
(anche se questo non è vero dovunque: in effetti in alcuni paesi si muore e
basta).
Collettività e irreversibilità
Oggi, tuttavia, stanno emergendo con forza problemi in cui
gli effetti delle nostre azioni possono essere:
a) immediatamente collettive,
b) drasticamente irreversibili.
Nell’esempio, se io fumo o bevo eccessivamente il danno è principalmente mio, diversamente, se durante una pandemia rifiuto di comportarmi in modo da ridurre il contagio e rifiuto di vaccinarmi a motivo della mia libertà individuale, non è tanto importante che metta a rischio me stesso (cosa che fa parte della mia libertà) quanto, essenzialmente, che metta a rischio chi mi circonda, gli altri.
Inoltre, una volta che il danno è compiuto, questo non è riparabile né utilmente sanzionabile. Multarmi o anche arrestarmi, dopo aver contagiato altri, sarebbe irrilevante. C’è un evidente slittamento dalla scelta individuale a quella collettiva che non è una questione di idee politiche o di principi morali, ma una realtà della società in cui siamo immersi.
La pandemia non è il solo caso di questa classe di problemi. Il collasso climatico genera una situazione per molti versi simile. Arriveremo, forse troppo tardi, a capire che molti nostri comportamenti “normali” non saranno più viabili. Il modo in cui consumiamo, lavoriamo e facciamo funzionare la nostra economia dovrà, se faremo in tempo, cambiare radicalmente, in modo collettivo e non individuale. Molte di quelle che consideriamo come nostre libertà, date per scontate nel mondo che abbiamo conosciuto, dovranno scomparire. Non potremmo tenerci per mano inquinatori e non inquinatori.
Fino a pochi anni fa diverse legislazioni approvate per limitare l'inquinamento
ambientale erano basate sul motto "chi inquina paga". Queste si sono
rivelate completamente inutili proprio perché presuppongono che la libertà
individuale (e in particolare, in questo caso, d'impresa) non sia realmente
limitabile e che l'individuo onnipotente sia davanti a tutto.
Se proprio c’è un problema basta pagarne il prezzo, il
vecchio banale senso comune è “chi rompe paga e i cocci sono i suoi”.
Questa è ormai un’illusione, non è più la realtà della
nostra società: “i cocci” sono di tutti e le minacce sono esistenziali e non
individuali. Il vaso non può essere
ricomposto.
Vi sono scelte che sono e saranno collettive in ogni caso.
Non basta quindi tenersi per mano ed essere tolleranti e aperti verso chi la
pensa diversamente, se non per prendere insieme una decisione. Questo per il
semplice motivo che in ogni caso, a esempio, i non vaccinati sceglierebbero per
i vaccinati come gli inquinatori sceglierebbero per i non inquinatori e
viceversa. Tutto questo può apparire brutto ed è sicuramente lontano dalle
abitudini della nostra società industriale, ma è reale.
Siamo obbligati, dal tipo di problemi che abbiamo creato, a
scegliere insieme sulla base delle conoscenze imperfette che abbiamo. La scelta
sarà collettiva e irreversibile in ogni caso.
Individualismo dispotico
Viviamo in un’epoca in cui, apparentemente scomparsa la discussione tra diversi sistemi sociali (democrazia, fascismo e socialismo reale), tutto sembra ridursi a negazionismo: non è vero quindi che i cambiamenti climatici siano così gravi, come non è vero che servano misure collettive per controllare la pandemia. Tutto questo viene supportato, in qualche caso, da congetture prive di evidenze, oppure da un acritico appello alle libertà individuali.
Cerchiamo, in fondo, di convincerci che non è cambiato nulla, che tutto potrà essere riparato, che al massimo basta qualche macchina elettrica per il clima, mentre a questa pandemia ci abitueremo, come per magia, e non ce ne sarà più un’altra.
La realtà della nostra società è oramai diversa. Il tipo di problemi che
abbiamo oggi non possono essere affrontati seriamente con gli occhi del vecchio
individualismo del '900: l’individuo non è illimitato e onnipotente e le
minacce esistenziali che incontriamo riguardano tutti noi, non “me”.
Va accettato che l'individuo ha dei limiti e, allo stesso
tempo, le sue azioni possono coinvolgere direttamente, in modo massivo e incontrollabile,
gli altri. La modesta razionalità che
compulsivamente cerchiamo di adottare è troppo semplice e binaria: o funziona o
non funziona o è tutto vero o è tutto falso e tutto non può intaccare il nostro
indiscutibile individualismo dispotico.
Nella realtà della società in cui siamo immersi un mondo di
certezze che consideravamo solide e indiscutibili è scomparso, mentre tentiamo
di applicare approcci mentali inconsistenti con le minacce che abbiamo davanti.
Queste sono le nostre illusioni che tuttavia non vanno
ridotte alla rappresentazione macchiettistica del NoVax che parla di microchip
introdotti nel corpo dai vaccini, vi sono posizioni come quelle di Agamben e
Cacciari critiche
del decreto sul green pass che vanno molto più in profondità. Il nucleo
centrale di queste posizioni è che le scelte devono essere, in ogni caso,
dell’individuo e non della società. La pretesa simultaneamente irrazionale e
strumentale è che, fino a quando non vi sia assoluta certezza, la parola finale
è all’individuo solitario e dispotico che decide senza riguardo agli altri
individui. Prima ancora che una discussione sulla democrazia, sulla libertà e
sulla scienza vi è una radicale e insindacabile negazione della società.
Minacce esistenziali e negazione della società
Certamente il nuovo contesto porta grandi pericoli alle
società che si dicono democratiche e non solo.
La possibilità del sopruso e della manipolazione è dietro l'angolo. L’emergenza infinita è utile ai poteri ed
è da tenere sotto stretto controllo nel nuovo contesto. In qualche caso la
vediamo già comparire nei casi di manipolazione dell’emergenza: noi possiamo
permetterci costosi e sofisticati vaccini mentre il resto del mondo ne viene
privato dai nostri brevetti. Questo,
ragionevolmente, faciliterà l’emergere di nuove varianti che porteranno alla
produzione e alla vendita di nuovi vaccini... per chi se li potrà permettere.
La giustificazione per lo status quo è l’emergenza stessa: non c’è tempo per
produrre più vaccini liberando (anche provvisoriamente) i brevetti, sarebbe
solo un intralcio alla produzione.
Se ne è parlato, ma sembriamo troppo preoccupati come individui per occuparci di questi aspetti. È interessante notare che i teorici della scelta individuale e delle discriminazioni non si occupino della mancanza per molti della possibilità materiale della scelta. Le persone che non possono avere neanche la possibilità teorica di scegliere, a esempio per indisponibilità dei vaccini, non sono, evidentemente, percepiti come un problema.
Tuttavia è importante rendersi conto che queste posizioni, radicalmente
individualiste, negano la realtà della società: nonostante l’uso di appelli
alla libertà, alla democrazia e ai diritti eliminano la possibilità stessa di
un qualsiasi sistema sociale, democratico o no.
Quando sul quotidiano La
stampa Massimo Cacciari afferma che: “Siamo liberi solo quando decidiamo in
base a dati precisi e calcolando razionalmente costi e benefici per noi e per
gli altri” è del tutto evidente che “gli
altri” sono sullo sfondo di una decisione individuale, di ogni singolo individuo. Prima ancora che anti-democratico questo
individualismo dispotico è
radicalmente anti-sociale. La possibilità stessa di un sistema democratico
viene negata a priori.
Questa negazione emerge oggi, proprio mentre sono evidenti
minacce esistenziali senza precedenti alla società nel suo complesso. Mentre
difendono le libertà illusorie di un mondo scomparso, rifiutiamo di difendere e
di discutere quelle che ci servono e ci serviranno.
La non-comunità
che viene da queste posizioni, parafrasando il titolo di un Agamben dimenticato
da lui stesso, è una paradossale auto-minaccia a ciò che, apparentemente, si
afferma di voler difendere.
Questa non è una cosa nuova.
La libertà in una società complessa
"Siamo alle prese con un dilemma: o ignorare la realtà
della società nel nome di assoluti morali e accettare impotenti la parvenza
della libertà; o abbandonare tali assoluti, riconoscere la realtà della società
e fondare su di essa le nostre libertà istituzionali.
…
È illusorio in una società complessa immaginare di poter perseguire la propria
libertà come salvezza personale senza far riferimento alla partecipazione alla
società stessa.
Le forze spirituali pronte a prendere la successione nelle nostre vite personali sono oggi disperse in una lotta donchisciottesca contro la realtà della società. Il coraggio morale rivelerà i limiti interni del progresso tecnologico e della libertà. La ricerca dei limiti è maturità"
(Karl Polanyi, La libertà in una società
complessa, p. 186, Torino 1957)
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